domenica 30 novembre 2003

Una giornata di quelle

Ci sono quelle giornate, quei momenti che d'un tratto cambia tutto. Qualcosa si incastra e la magia dell'aria catalizza un processo già in atto ma silente. E zacchete! Hai fatto un salto. Sei passato di livello come nei giochini.
Ok. C'è un mondo meraviglioso qui e ne faccio parte anche io.
Ho chiamato il marito-quasi-ex e ho concordato domenica 7 come giorno dello svuotamento della casa dalle sue cose e dalla sua ombra. Che già è impallidita.
Mi sono iscritta a una palestra in cui mi sono intrattenuta a bere un tè con un attempato fisicato marpione e due fanciulle della reception.
Sono stata a cena da vecchi amici di coppia, che avevo evitato fino a oggi, ai quali ho raccontato un po' della mia storia vera e dai quali ho ricevuto affetto e profonde confidenze.
Ho scoperto la voglia di raccattare da terra i vestiti accatastati e di pensare al futuro.
Mi aspetto alti e bassi, ma una volta scoperto un nuovo orizzonte sai che c'è, anche quando ti capita di perderlo di vista.

sabato 29 novembre 2003

Sono davvero troppo disequilibrata e non so contenermi. E non mi va di mostrare ancora e ancora una debolezza e una sofferenza che chiunque altro avrebbe già da tempo superate. Non mi piaccio così e se non piaccio a me stessa non posso certo piacere agli altri. E' sempre così: tre passi avanti e due indietro. Meno male che, seppure di qualche micron, un avanzamento c'è. Solo che mi incazzo con me stessa che resto tanto lenta, che scivolo in continuazione indietro, che devo riconquistare ogni volta più volte le stesse mete, che poi non sono altro che tappe di un percorso infinito. Ok, non sarà necessario arrivare alla fine per essere felice, si vive nel percorso e ci si guadagna la felicità procedendo e accettando anche le sconfitte e la necessità di sostare a riposare. Ma quando fai fatica tutta questa saggezza rimane solo arida razionalità, ulteriore senso del dovere che ti impone di proseguire in apnea logorandoti. Meno male che ogni tanto mi ricordo che c'è un mondo intero fuori da me, e che è meraviglioso. E riesco allora perfino a limitare le mie masturbazioni mentali.
Un passo per volta, come sul ghiaccio della bocca del Tuckett, e poi ti ritrovi in cima quasi senza accorgertene. E i passaggi difficili? Se ti fai prendere dalla paura ti paralizzi e non vai più avanti né indietro. E allora va bene un pizzico di incoscienza che lasci andare il desiderio al di là della fatica, e si procede per nuove scale e nuovi passaggi.
Sono a pezzi, scatoloni di ricordi e frammenti d'amore e dolore impacchettati, nulla in mano e il cuore come stretto in una morsa... e mi vergogno un po' ad ammetterlo, soprattutto a me stessa.
Ma passerà. E cazzo, se passerà!
Perché io non mollo in montagna e non mollo qui e ora.

mercoledì 26 novembre 2003

Ieri sera sono stata al cinema. Seduta sulla poltroncina pensavo che mi sarebbe piaciuto avere accanto una gamba da sfiorare con la mia, un contatto da cercare, un brivido da ascoltare. E un desiderio da accogliere e alimentare con la fantasia dell’attesa.

Ecco, questa è una delle conquiste di questa mia fase di morte e rinascita: il desiderio.
Un universo di emozioni e attese che assieme alla carnalità mi hanno permesso di apprezzare e vivere diversamente il mondo.

Un bimbo piange
un cagnolino abbaia accanto a un cadavere.
Sono intorno
solo macerie.
E un grande vuoto invade i cuori dei sopravvissuti.

Penosa, lo so. Ma mi è cara. Sono parole che allontano ma che sicuramente mi appartengono. Le scrissi che avevo nove anni. Gli diedi nome “Guerra”. Ma che ne sapevo io di guerra? Certo è il nome che usai per le immagini con le quali visualizzavo le emozioni e la sofferenza che mi trovavo dentro e che non sapevo gestire. E allora era giusto non comprenderle in me, lasciarle fuori, attribuirle al male che stava nel mondo, alla peggior cosa immaginabile per me bambina, a quella guerra conosciuta attraverso film e romanzi.

Conclusasi in un lago di sangue la sindrome premestruale di novembre, attraversata con occhi serrati e senza vita da respirare, mi concedo una sosta e guardo intorno. Peccato che le cose non mi appaiano diverse: "Sono intorno/solo macerie."

martedì 25 novembre 2003

E poi

E poi ho terminato lo scotch, e non posso più fare gli scatoloni. Ieri ho preparato il caffè e ora non riesco a riaprire la caffettiera. E il frigo è vuoto, anche se ho ancora un paio di cuneesi al rum. E poi la lampadina del corridoio si è fulminata, solo che per cambiarla devo smontare il lampadario, così sono tre settimane che mi muovo al buio. L'unica cosa che migliora è la tecnica di accatastamento indumenti in camera da letto.

Scatoloni

Sto facendo scatoloni della sua roba.
E insieme inscatolo parti di me. Ma prima devo tirarle fuori e guardarle.

E comunque pazzescamente mi manca la mia vita di prima e gli amici persi in questo mio stravolgimento interiore.

Ho ancora tanto dolore da liberare per liberarmene, solo che assurdamente tendo a non permettermelo.

lunedì 24 novembre 2003

Blogfest

Dunque... troppo fumo.
Ma che mai ci faccio io qui?
Mi capita di fare la conoscenza di Flavio Grassi di Pfaall, e già questo da solo è un ottimo motivo per esserci.
Ho scarabocchiato sul badge in modo che nemmeno sforzandosi si riesca a leggermi, per cui ammetto di essere nuda sui pattini solo a chi proprio mi chiede di palesare la mia identità (Yorker per esempio). Che poi tanto è uguale perché nessuno mi conosce. D'altro canto anche io so molto poco di questo mondo.
Individuo Proserpina, unico nome conosciuto che riesco a decifrare dal cartellino. Poi abbraccio l'incontenibile Zu che in un battibaleno mi presenta e/o mi indica duecento diversi blogger, di cui io quasi subito perdo coscienza. Pare che lui e Squonk amino giocare con le rose. Mah. Leonardo ("ma tu sei Leonardo?"), con Personalità Confusa che gli fa da spalla divertendosi un casino, tiene uno show in onore dei suoi fan. Riconosco Arkangel, già vista alla presentazione di Mondo Blog de La Pizia a giugno. Dice di ricordarsi di me, ma che avevo i capelli rossi... può essere, cambio spesso colore... comunque mai rossi come i suoi. Scambio due parole con Gilgamesh che, dopo avermi affascinata col suo blog, mi affascina con la sua sarda parlata. Tento di raggiungere Rillo con un sms, ma resta disperso.
Affumicata e stanca decido che si è fatta l'ora di affrontare la pioggia e i due chilometri che mi separano dalla mia automobile, parcheggiata nel bel mezzo del maggior punto vendita milanese di ragazzi per uomini soli. Forse per questo avevo trovato posto?

giovedì 20 novembre 2003

Ristoro

Rimango stanca, cerco affannosamente ristoro per l’anima pur sapendo che finché cerco con tanto affanno nulla posso trovare.

Due chiacchiere al freddo scaldano l'animo

Ieri sera sono capitate due chiacchiere con un amico. Ultimamente le mie risposte sono: non ho voglia di parlarne/non mi va di pensarci/non ho proprio voglia di rifletterci su... E davvero non ne ho voglia. Troppa fatica, e doppia: pensarci e tentare di spiegare. E rimbalzare contro una comprensione a comparti. Invece ieri con quel luminoso, seppur scuro, caro amico, due semplici veloci parole lasciate andare come venivano. Non ho coperto la mia vera pelle, indossata in tutta la sua fragilità e forza.

lunedì 17 novembre 2003

Lavata

Gli ultimi 20 giorni sono stati un incubo. Che ho tenuto per me il più possibile. Testimonianza ne è la condizione della mia camera da letto: una montagna di vestiti sbattuti per terra. Il resto della casa, che riceve ospiti, mantiene un minimo di decoro e l'ordine che sempre mi contraddistingue, ma la camera da letto...: è il degno contorno del gorgo emotivo che mi scava dentro. Oggi mi sono concessa di sciogliere in pianto tensione e fatica, ammettendo tristezza e demoralizzazione. Sofferenza. Già, perché sto soffrendo ancora, da morire. E non importa che ci sono cose peggiori nella vita, e non importa che in fondo non posso lamentarmi di nulla, e non importa che ho la vita davanti e che non mi manca nulla. Soffro. E razionalizzare e relativizzare non serve a nulla se non lo fai con una consapevolezza, un sapere che ti viene da dentro. Rimane solo un tappo, una cappa lucida da mettere a coprire il caos interiore, una fatica continua da nuotare controcorrente per sfuggire al gorgo che ti risucchia, che tu non guardi, non vuoi vedere, ma sai che c'è. E dopo tutta quella fatica ti ci ritrovi più vicina di prima. E allora basta. E allora basta fare finta di farcela, basta ammantarsi di positività, mostrarsi forti, rifuggire la compassione. Degli altri e mia. E dalle lacrime, come talvolta capita, ne sono uscita lavata, come dopo un bagno caldo, o come dopo un bel massaggio o una faticata in montagna. Ho lasciato giù lo strato superficiale di pelle, ormai usurata e sporca, e ho trovato il coraggio di mostrarmi a me stessa nella pelle nuova, delicata fragile vera sofferente pelle.

domenica 16 novembre 2003

Favole

Io voglio il lieto fine.
Me lo merito.

sabato 15 novembre 2003

Denso

Alle volte colpisco per quanto sono densa. Per come vivo denso. Invece io sono colpita dalla leggerezza. Sottile, fina ,etera, frizzante leggerezza. La osservo nelle persone che mi stanno accanto e vedo un tesoro, una ricchezza fragile che non so da che parte prendere, che se la tocco io si rompe, o si concentra subito a divenire densa.

lunedì 10 novembre 2003

Sopra le righe (post inopportuno)

Mi scrivono:
> E ti scava, una cosa simile.
> E ti domandi di che cosa ti sei macchiato di così grave che "la
> sta uccidendo".
> E quando ti accorgi che sei colpevole semplicemente di non
> "coincidere" con
> quello
> che lei immaginava, non puoi certo miracolosamente e
> subitaneamente incarnare
> quell'ideale.
> E forse non vuoi nemmeno.
> Ognuno di noi può smussare qualche spigolo ma poi... si è quel
> che si è.

Mi sono sentita in colpa per anni. Ora non voglio più. Non posso più. Lui mi ha accusata quasi fin dal primo giorno di non sentirsi apprezzato, di non riuscire a stare (fisicamente) con me perché non si sentiva accettato da me per quello che era. Qualche approccio di fisicità prima del matrimonio (e lui era il primo ragazzo con cui stessi, il primo che ho baciato...), poi, forse anche di fronte alla mia irruente voglia di scoprire, il suo stop. Siamo cattolici, aspettiamo il matrimonio. Ok, niente sesso prima del matrimonio. E niente sesso dopo. Ho biblicamente conosciuto uomo per la prima volta a 32 anni. Dopo che lui se n'era andato, gettata la spugna dopo 6 anni di matrimonio, spaventato dalle mie sempre più pressanti richieste di affrontare il problema, di farci aiutare. Lui ha deciso di innamorarsi di un'altra. Mi auguro che questa donna sia in grado davvero di fargli scoprire l'amore ed il piacere. Per quel che mi riguarda, nonostante l'attrazione fisica che mi sembrava ci fosse da entrambe le parti, lui non mi ha mai toccata. Reagiva alle mie sollecitazioni, ma non ricambiava. Io non ero una donna fatta e lui non era un uomo e forse per questo ci siamo trovati, abbiamo nascosto ognuno le proprie ombre dietro quelle dell'altro. Ma l'assurdità di un matrimonio bianco, portato avanti assieme ad un progetto di famiglia numerosa e ricca di figli, aveva qualcosa di psicotico. Alle mie insistenze, moine, incazzature, tentativi di metterla sul ridere, lui alzava un muro di gomma e mi rispondeva: «Possibile che tu pensi sempre a quello?» Mi sono sentita un carnefice per anni, mi sono sentita tutto fuorché una donna, ho finito col dimenticare e nascondere la mia femminilità di fronte e tanti continui rifiuti e fallimenti. Forse se avessi avuto delle esperienze precedenti avrei saputo reagire diversamente. Forse me ne sarei tirata fuori prima. Le mie insicurezze si sono ingigantite e facevo fatica ad ammettere anche a me stessa che il nostro matrimonio perfetto aveva però qualcosa che non andava. E se avessi fatto finta di nulla forse sarei ancora qui con il suo stipendio da 4000 euro al mese, con un uomo da abbracciare e con cui chiacchierare e viaggiare, e con cui fare finta di volere dei figli. E invece ho posto dei problemi, gli ho chiesto aiuto, gli ho chiesto la fisicità e gli ho detto che non si poteva farne a meno... E sono rimasta sola, senza soldi (dei quali non me ne è mai importato nulla) a sentirmi rinfacciare che lo avevo sposato solo per la tranquillità economica. So che non lo pensa veramente. Non può pensarlo. Se n'è andato di casa senza nemmeno dirmelo, sembra un film, il giorno dopo il nostro sesto anniversario di matrimonio, dopo un bellissimo fine settimana in agriturismo in montagna dove gli ho ribadito tutto il mio amore e la mia voglia di stare con lui. Eravamo d'accordo di andare al cinema quella sera. E io torno dal lavoro e scopro che se ne è andato.
E l'ho aspettato ancora. E gli sono stata accanto ancora. Anche dopo che aveva chiuso i conti comuni e portato via i soldi.
Probabilmente era solo paura di rimanere sola, incapacità a tagliare. Lo stesso preferisco pensare fosse amore, folle amore, ma amore.
Basta. E non voglio leggere le tue parole e sentirmi in colpa ancora. Non sono pronta a prendere su di me le mie colpe, che sicuramente ci sono e sono tante. Ma troppe ne ho insanamente portare fin qui. Ora basta.
FemmeFatale è nata dall'incontro con un uomo, il primo della mia vita. Un uomo che aspettavo nella disperazione cinica del non conoscere nemmeno la mia femminilità. Un uomo che mi ha vista donna e che ha condiviso con me il piacere dell'amore. Qualche incontro estemporaneo e uno scambio fitto di sensazioni ed emozioni. Fermo restando, chiaro fin dal principio, che lui aveva la sua vita, altra da me. Vita alla quale è tornato a tempo pieno. Gli sarò sempre grata, mi fa ancora battere il cuore, mi rimane di lui solo positività ed una scia lucente di affetto.
Comunque sono sola, dibattuta tra l'entusiasmo della vita che mi si apre davanti e la fatica, troppa fatica dentro l'anima, che si sposa con un cinico disincanto.
Non so nemmeno cosa ho scritto, l'ho fatto di getto.
Malgrado la fatica continuo a volere puntare alla luna. E lo faccio.
La mia storia non è peggiore o più difficile di quella di tutti, lo so. E' che a fare i conti con il dolore si fa sempre fatica.
So che anche mio marito ha vissuto tanto dolore ed io non sono stata capace di aiutarlo. Ma evidentemente doveva andare così.

venerdì 7 novembre 2003

Reclute

Non vedo l'ora di apporre la firma in calce alla fine del mio matrimonio e dei tredici anni vissuti con M., solo che i tempi della legalità non si accordano coi miei impulsi interiori. E dopo la fine, più in là, magari, riuscirò anche a recuperare qualcosa di questa fetta di vita, quasi tutta la mia vita da adulta, che ho al momento tagliato via in toto, senza discriminare.
E poi? Chissà.
Mi sento un fante alle prime armi, una recluta appiedata tra cavalleria e divisioni corazzate.
Ho paura.
Ma ho voglia di amare, nella carne e nello spirito.

Teppisti

Ricominciare il lavoro a scuola è stato un toccasana. Avevo paura di non farcela, di non avere le energie necessarie, di non avere voglia di lottare per scavarmi un posto nell'universo difficile dei teppisti che mi toccano quest'anno. Ma poi mi sono lasciata andare e conquistare. E anche se tutte le volte vivo le medesime schermaglie e tutte le volte vengo messa alla prova (da me stessa interiormente e dai ragazzi molto più esplicitamente), mi metto in gioco per conquistarmi centimetro per centimetro la loro fiducia. E le energie non mi mancano, anzi ne esco rinvigorita.
Mi aiuta a mettere le cose al loro posto. A relativizzare. Ad aprirmi.

giovedì 6 novembre 2003

Aria frizzante

Alti e bassi
Ancora tanta fatica
Ho la tentazione talvolta di non lasciare uscire, non esprimere la negatività. Mi sento legata, quasi determinata da ciò che è già scritto, dall'immagine che si sta delineando di questa mia personalità.
Lasciare andare. Le persone care ed i nemici affezionati, le abitudini consolidate, i progetti, l'idea di me e la vita stessa. Lasciare andare, non stringere il pugno.
La vita è aria frizzante, e il segreto palese è proprio che è vano tentare di afferrarla.

mercoledì 5 novembre 2003

Volo vincolato

In effetti il legame con il suolo non lo vedo proprio come un vincolo. E' l'espressione del contatto con la carne e la materialità, quella dose di Terra che ti permette di essere libera nel Cielo, che altrimenti ti ci perdi e rischi di divenirne inconsapevole schiava.

lunedì 3 novembre 2003

Volare

Libera nel cielo ma attaccata alla terra, per assaporare nella carne il respiro intangibile del piacere dell'amore.

domenica 2 novembre 2003

2 novembre 2002

Sabato. Cielo coperto.
Accompagno un amico al Fiordaliso a recuperare ceppi di legna da bruciare nel suo camino. Mettendo via il carrello mi lesiono il tendine del polso sinistro.
Basta. Non so più che fare. Non ho più spazi d'azione. Ogni mossa che faccio pare sia quella sbagliata. Amico caro, fratello, troppe incomprensioni. O forse troppa comprensione. Io levo le mani.
E tu nemmeno capisci cosa ti sto dicendo.
Te lo devo ripetere: io levo le mani.
Ti fermi un istante. E poi mi dici che, certo, ma tu sei d'accordo, è la cosa giusta da fare. Già. Che forse non mi ci hai accompagnata passo passo a questa mia decisione?

Non ti ho più visto né sentito.
Dopo una vita cresciuta accanto non abbiamo trovato un altro modo per essere amici in questo spaziotempo. Non siamo stati capaci di starci vicino. O forse l'unico modo era proprio questo.

Scuri e chiari, ti porto ancora in me.
Ti mando un sorriso d’affetto, comunque tu sia.