lunedì 11 ottobre 2004

Attese (ugo cornia - quasi amore)

[...] a un certo punto, di colpo, sono diventato uno che principalmente stava in attesa di qualcosa. E quel che mi ha fatto più impressione è che quando camminavo ho sempre guardato passare le macchine in continuazione. La mia testa, per dei mesi, ha seguito la traiettoria delle macchine che passano come se da queste macchine potesse arrivare la salvezza, ma le macchine sono delle migliaia. [...] Questo fatto di essere per metà dove sono e per metà non so dove, guardando gli spazi aperti attendendo che ci succeda dentro qualcosa che mi riguarda, è una cosa che mi ammazza. Qualcosa deve avermi disturbato veramente, anche perché da un certo momento in poi le cose non sono più state le cose, ma hanno iniziato a essere dei segni di qualcos'altro che non so neanche cosa sia, stando io in primo luogo ad aspettare.[...]

[...] C'erano state tante sparizioni anche più importanti e più gravi, ma meno dolorose. Perché il non esserci più di quel che c'è stato è sempre doloroso, veramente doloroso - pensavo - ma il non esserci più di quel che non c'è stato è veramente micidiale, una cosa proprio annichilente. [...] Come fa - mi sono chiesto tante volte - una cosa che non c'è stata a non esserci più. Non c'è più qualcosa, ma è un qualcosa che non essendoci neanche stato alla fine non sai neanche che cos'è, però sai benissimo che non c'è più perché almeno una volta l'hai sfiorato. Hai sfiorato qualcosa che pur non essendoci più per un po' era sfiorabile. Questi buchi neri fatti nel niente, di questo sfiorabile, che forse per un periodo avresti potuto anche abbracciarlo...[...]


Io non misuro il tempo.
Lo vivo.
Tutto.
Un presente da cogliere che non rinnega né passato né futuro.