domenica 8 febbraio 2004

Hispaniola (2) - Santo Domingo -

3 agosto 2003

Giornata pesante oggi. Almeno non ricordo di avere mai pensato a M. Solo qualche pensiero a persone amiche e care a Milano. E la mail di saluto di Roberto che mi accompagna.
Mi sento un po' sola perché non posso lamentarmi con nessuno (!), chissà che questo non mi serva a smettere di fare i capricci e a incominciare a vivere godendo delle piccole cose...
Questa notte ha piovuto ma l'afa non è diminuita. Il sole picchia implacabile sulle scottature di ieri e si continua a non respirare.
Oggi visita alla comunità afro di Mata los Indios, progenie di ex schiavi, privi di documenti e non riconosciuti da alcuna nazione. Parte della popolazione che non esiste. Nessuna appartenenza e nessun diritto.
Nel tragitto intravediamo gli sconfinati quartieri poveri. E ci immergiamo di botto in un altro mondo. Peccato che oggi io sia così chiusa e dura. Anche la Messa di questa mattina (già, anche qui oggi è domenica) non mi ha toccato. Celebrata in una cappellina tra la vegetazione tropicale. Sapete che in questo paese non si usano i vetri alle finestre? Intere pareti di finestre senza vetri, al limite zanzariere e qualche tenda. Che mondo! Che luce forte, sempre. E poi le nuvole veloci. La biancheria lavata questa mattina è ancora bagnata tale e quale. Umidità altissima. L'abbiamo appesa alle pale del ventilatore (già di per sé instabile...). Sembra arte moderna.
Al villaggio afro è stato molto bello. A parte il caldo, troppo, e a parte le mie spalle doloranti che hanno contribuito a mantenermi dura e chiusa al mondo. Nonostante questa sia una realtà fin troppo invadente e coinvolgente.
Altari colorati di Santeria (sincretismo religioso) e vendita di consulti a 56 pesos (poco più di un euro, carissimo). Il santone è un vecchio saggio fatto di rum e fumo, ha in bocca un sigaro umido e siede in penombra tra i suoi altarini pieni zeppi di immagini e candele e oggetti vari. Parla, biascica ed io non capisco una parola. Lascio 1 peso e la mia accompagnatrice si bagna la mano con acqua benedetta prima di deporlo dove le indica il vecchio saggio strafatto.
Maiali e capre e galline che razzolano e mangiano con cani e bambini. Cenci e liquori casalinghi. Il tutto come in un campeggio. Casette aperte sporche nel fango. Meno male che non piove. Mosche ed insetti.
La nostra accompagnatrice è una grande. Donna laureata, è due anni che ha lasciato tutto e vive lì, ma non è ancora una di loro, e non lo sarà considerata mai, ci dice.
Mangiamo con loro: riso, fagioli e pollo [è il piatto nazionale dominicano, l'**UNICO** piatto dominicano. Non sopporto più nemmeno l'odore di riso fagioli e pollo...] Siamo un po' intimoriti, ma poi via. Mangiabile. Loro si fanno dei piattoni, anche tutti questi bambini comuni in comune.
Poi le danze ci coinvolgono e suoniamo con loro. E tutti siamo oggetto di studio e riprese da parte di una antropologa indiana venuta a studiare le comunità.
Devo smettere di opporre resistenza e devo lasciarmi attraversare da questa umanità rumorosa, diversa e colorata.