martedì 17 luglio 2007

Potosì






Potosì è una montagna che in silenzio guarda i suoi morti.
Morti che vengono tirati fuori dalle sue viscere, corpi che la terra fatica a restiture al cielo.
In piedi, fermi, in silenzio, ad accogliere quei corpi avvolti in coperte impolverate di miniera.

Potosì è un lustrascarpe tredicenne che non si capacita di come possiamo noi pulirci le scarpe da soli «ma davvero non ci sono da voi quelli che fanno il mio lavoro? e come fate senza?» «avete visto le miniere? io ci ho lavorato tre mesi! [dopo i 12 anni i ragazzini possono aiutare in miniera, senza -almeno ufficialmente- scendere ai livelli più bassi]» Meglio lustrascarpe o minatore? «lustrascarpe.» Senza esitazione.

Potosì sono gli studenti in rivolta e le barricate per le strade.
Potosì è la gente sotto il balcone che aspetta che Evo [Morales] si affacci.

E l'aria rarefatta dei 4100mt di una assurda città che coincide con la sua miniera, ormai sfatta ma mai vinta.
E la gente gentile e le luci e gli attori di strada.