Faccio fatica a svegliare ogni giornata.
Non è la fatica buia e anossica della sofferenza più nera, non è il lottare con l'aria perché ti riempia i polmoni ancora una volta e poi ancora un'altra e un'altra.
Ci sono passata, è passato.
Allora non avevo spazio per pensare, le mie energie erano sufficienti a mala pena a sopravvivere. Non pensavo, non desideravo. Cercavo solo, istinto primario, di respirare.
Ogni mattina mi svegliavo con un macigno a schiacciarmi e l'aria non voleva più entrarmi in gola e se entrava bruciava.
Ora ne sono lontana, ma mi è rimasta addosso la fatica.
E ogni tanto viene da chiedersi se ne valga davvero la pena.
(Per me. Qui. Ora.)
lunedì 21 agosto 2006
Pubblicato da narsil alle 00:06
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