E' già un mese che è morto Enzo. Mia madre dice che sempre ai funerali c'è almeno una donna incinta. E' la misura di come la vita giri.
Talvolta guardo le persone attorno e sento il loro dolore (sento anche la gioia, eh! ma qui parlavo del dolore), e ammiro come lo affrontano con "dignità". Io invece mi perdo tra gli anfratti di me stessa e pare che ogni piccola cosa sia capace di aprirmi quella voragine affettiva che mi ricatapulta bambina a dibattermi abbandonata nel buio della solitudine.
Miglioro. Non è più senza uscita, come una volta. So che ne vengo fuori. Ma non riesco a oppormi... La sento arrivare. Mi rendo conto che sto per attorcigliarmi di nuovo sulle mie ancestrali paure. Ma lo stesso non so come oppormi!
Prima mi incazzavo, tanto, con me stessa. Disprezzando la mia debolezza. Ora almeno accetto di essere anche così. Senza pensare che sia una condizione definitiva... Nulla lo è.
Non trovo realizzazione in un progetto di vita che non contempli un compagno, e magari dei figli. So che la "felicità" non si compra in pacchetto regalo col matrimonio. So bene che ogni rapporto, e ogni esistenza, vive di difficoltà e accomodamenti. Lo stesso so che il mio gustare la gioia e vivere le sofferenze rimangono incompleti senza un uomo accanto. Mi manca un pezzo.
Non è, o non è più, il bisogno di un significato fuori da me. Non è un modo per fuggire a me stessa. E' piuttosto il desiderio di dispiegarmi completamente, di essere appieno.
lunedì 27 settembre 2004
Dispiegarsi
Pubblicato da narsil alle 15:27
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