domenica 28 dicembre 2003

Sono sopravvissuta al Natale

Sono sopravvissuta al Natale e sopravvivrò anche a queste ferie forzate fino al cinque gennaio. Quest'anno ho preso la scusa (che poi, per caso, è anche realtà) di non avere proprio alcuna disponibilità economica, per non fare regali e per non organizzare nulla che mi portasse via da casa in questi giorni. E va bene così. Sono fuggita nel lavoro, negli impegni, nelle gite, nelle uscite, nel terzo mondo, nel virtuale, nei libri... per un anno quasi. Il tempo necessario a racimolare qualche briciola di energia per permettermi ora di guardare un po' in faccia alla mia casa e alla mia vita.
O forse sto fuggendo ancora, questa volta dagli impegni e dal mondo, e ancora e sempre da me stessa.
Ho scoperto l'amore quest'anno. Ho scoperto l'universo della carne e sto esplorando l'amore dell'anima. E so finalmente di essere ricca e preziosa.
E questo dovrebbe bastare, intanto. Invece sto ancora male, e me ne arrabbio.
Mi rammarico del tempo che ho "perso" (anche se so che nulla va perduto), temo di avere ormai lasciato partire tutti i treni, di non avere la forza di correre dietro agli ultimi in partenza e di saltarci sopra sgomitando. Per poi finire comunque col perdere l'equilibrio imbarazzata dal ritrovarmi senza biglietto e rotolare giù in malo modo dopo pochi chilometri. Possibile che non ci possa essere un treno per me, ancora fermo in stazione, che aspetti proprio la mia coincidenza, che mi permetta di salire con tranquillità, armata di biglietto e magari con qualche, seppur essenziale, bagaglio? Che poi gli imprevisti, i ritardi, le corse e le sgomitate verranno nel corso del viaggio, e io li affronterò. Ma almeno che mi si accolga alla partenza, che davvero non è la mia strada quella che mi porta ora a correre affannata dietro ad un treno già partito.
Non ce la faccio. Fosse anche l'ultimo treno. Non è la mia via, non ne ho le energie.
Mi sento terribilmente sola ora. Ma sto meglio di quando soffrivo in silenzio accanto a M. Meglio di quando soffrivo in solitudine parlando, urlando, chiedendo a M. ciò che non mi poteva dare, perché prima di tutto mancava a me.
Ho una irrazionale (?) paura di non provare più la fisicità, che qualche incontro con quell'uomo speciale che mi ha scoperta donna non ha fatto di me la femmefatale che vorrei essere, e vivo ancora di insicurezze e timori.
Odio chi mi dice che occorre imparare a essere felici da soli, a stare bene da soli, perché solo così poi ci si può aprire all'incontro con l'altro. Li odio perché mi mettono davanti ad una strada troppo lunga, a treni già partiti.

So che devo imparare a stare bene da sola. Il problema è che io non ci credo. Non credo che si stia bene da soli. Non ci credo.
O forse sì.

Farò sempre tanta fatica? E' così sbagliato desiderare un abbraccio in cui riposare? Un uomo che mi accolga, mi ami, mi cerchi, mi desideri? Un uomo da amare a mia volta. E io so che posso, che sono capace, che so amare davvero.
E forse, davvero, se mi ci voleva tutto questo per scoprirlo...allora va bene.
Va bene.