Mi è capitato di andare a sbattere contro lo sguardo di un bambino ragazzo.
In quello sguardo c'era una malinconia incompresa e inaccettabile e una muta domanda. La necessità, il bisogno di un perché, di un significato. E l'angoscioso timore di non trovare risposta. «Tu, Grande: spiegami. Dimmi. Rispondimi.» E leggi in quello sguardo fuse assieme la speranza disperata di ottenere risposta e conforto e l'amara ed aspra disillusione di una consapevolezza che sa di non potere trovare sollievo.
Di fronte a quello sguardo come non mai ho sentito che vale la pena. Senza un perché, che non ho nemmeno per me stessa. A quello sguardo muta rispondo che sì, vale la pena. Per lui, prima di tutto, fanciullo e uomo. E per ognuno, e per me.
lunedì 12 febbraio 2007
Per caso
Pubblicato da narsil alle 00:09
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