4/7 Otavalo
Insicurezza affettiva diffusa, mio solito ingombrante retaggio. Viaggiando da Quito a Otavalo tra paesaggi dall'orografia recente ed evidente mi trovo a perdermi in immagini dimenticate e sorridenti di quella fetta di vita che ho tagliato via assieme al matrimonio, come fosse una gamba.
Tra conglomerati e vulcani prima ci impantaniamo nel traffico in uscita dalla capitale e poi ci arrampichiamo verso nord lungo la panamericana. Salutiamo con rispetto il Cotopaxi per metterci nelle mani del Cayambe ché, ormai lo abbiamo capito, qui il respiro è scandito dai vulcani.
Ci fermiamo lungo la strada in una baracca che funge da spaccio e pranziamo a base di formaggio e biscotti: i biscotti sono salati e tanto buoni quanto pesanti, il formaggio assomiglia alla nostra mozzarella ma è fatto a rotolini multistrato. A Otavalo siamo alloggiati in un hotel accogliente e colorato che mi fa stare bene. Riesco persino a vedere la partita, quella con la Germania. Io la televisione a casa non la guardo praticamente mai e ammetto di partire prevenuta, su questa e altre cose. Ma qui la programmazione è peggio che in Italia. Telenovele e concorsi, spot e giornalisti solo bianchi in una popolazione di tutti i colori. Tv sempre accese. Chissà se prima o poi ci accorgeremo che la prima cosa da fare per emanciparci è quella di buttarle tutte giù dalla finestra? Vabbè. Dopo la partita un giro per il mercato di Otavalo, colorato come tutto qui. E meno male che ho perso le prime due ore di contrattazioni perché non credo avrei resistito di più! Labene e Lucia conoscono già ogni bancarella e si sono già fatte conoscere da tutti i venditori. Sembrano adottare la tecnica del poliziotto buono e di quello cattivo, solo che sono autentiche: contrattazione all'estremo da una parte e slancio equosolidale dall'altra. Insomma io compero un maglione di lana colorato pagandolo più di tutte loro. Freddo freddissimo alla sera e cena tipica, soli avventori di una taverna tra trota alla griglia e meraviglioso liquore caldo con zucchero di canna.
[narsil]
4 luglio 2006
In albergo a Otavalo
Pomeriggio passato al mercato di Otavalo in estenuanti contrattazioni. Il paese è famoso proprio per il suo mercato e a noi serve anche come base per l?escursione di domani alla laguna di Cuicocha. Il famoso mercato di Plaza de los ponchos è ormai diventato piuttosto turistico ma ci viene ricordato che questo ha comunque contribuito a migliorare la condizione di vita degli indigeni che qui sono di origine boliviana, portati qui come schiavi e che ora sono la popolazione locale. Sono vestiti proprio come te li immagini. Le donne portano le caratteristiche lunghe gonne nere con camicette bianche tutte ricamate. Il nodo dello scialle (davanti o sulla spalla) indica se la donna è sposata o single. Gli uomini portano il caratteristico cappello di feltro e i lunghi capelli neri corvini raccolti in una treccia.
Il mercato della frutta e della verdura, in Plaza Bolìvar, è molto più autentico e si ha modo di vedere frutti mai visti dai nomi impossibili da ricordare. La posizione geografica di questo paese fa si che si possa coltivare di tutto, tutto l'anno. Broccoli, carote e zucchine giganti, cetrioli, meloni, angurie, arance e mandarini a 3000m!! e in più una serie di frutti sconosciuti quasi tutti buonissimi (tranne la papaia, che farà anche benissimo ma proprio non mi piace!). C'è pure un frutto che si chiama pomodoro d'albero che assomiglia proprio ad un pomodoro e che ha un sapore leggermente acidulo.
[labene]
lunedì 7 agosto 2006
Ecuador 3
Pubblicato da narsil alle 00:01
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