sabato 10 aprile 2004

Eventuale

Oggi ho tempo di pensare e di lasciarmi prendere dall'inquietudine. Sarà la Pasqua. Stasera il rito della luce a celebrare la rinascita. Mi è sempre piaciuto tanto il rito della luce.
Faccio un po' di fatica. Lavoro tanto e ho tante questioni "burocratiche" da sistemare ancora. Oramai sono 19 mesi che vivo sola, una casa tutta per me. Ma è molto meno che ho liberato la casa, o meglio me stessa, dalla presenza di M. Del tutto non me ne libererò mai, nemmeno lo voglio. Una esperienza vissuta fino in fondo, pur nei sui limiti, che fa parte di me. Fa parte di ciò che sono ora, delle scoperte che ho fatto, della bellezza che ho saputo trovare nel mondo e dentro di me. I miei tempi interiori sono lunghi, e tanta è stata la fatica e la sofferenza (sacrosanta e sciocca l' ho definita) di questi ultimi anni. Nel mio piccolo sono arrivata fin qui, un passo alla volta. Anche se i primi passi li fai faticando e non ne vedi il risultato. Ora ho la mia vita tra le mani. O le mani dentro la vita. Che pare una cosa sciocca ma tanti non la conoscono. E sono eccitata stupita entusiasta e anche spaventata. E ricollocarmi davvero nel mondo, cercando un senso un perché un significato a me stessa non è facile. Farlo ridendo è già un modo. E' già il modo, forse.
Anche prima il mondo mi è sempre stato stretto indosso. Anche prima mi sentivo inadatta, fatta male, non compatibile con i modelli di felicità pubblicizzati. Ma l'idea di una famiglia fondata sull'amore, dei figli e di tirarli su in una casa sempre aperta all'accoglienza del diverso da me mi aveva riempito. L'inquietudine di sottofondo rimaneva. Ma il mio progetto d'amore la scacciava. Sempre nei limiti di quanto si possa progettare l'amore. Certo ero piccola, legata, incompleta. Per tanti motivi.
Passare attraverso la mia personale opera al nero mi ha messo in condizione di scoprirmi e di entrare in contatto con la profondità e la semplicità dell'animo umano. E questo mi ha permesso di aprirmi alla vita e a un nuovo più ricco approccio all'Altro. Tanta strada ancora da fare. Strada che passa per la musica, per la leggerezza, per il gioco e per la carne. Ma sono fiera di me.
Lo stesso l'inquietudine si presenta alla porta. Lo stesso devo fare i conti con la ricerca di un senso ancora e sempre. Anche accanto alla mia fede.
Mi godo le sorprese che le giornate mi portano, e più mi apro all'eventuale più la vita mi sorprende. Amici cari che mi chiamano alle 11 di sera (come ieri) e mi si presentano sulla soglia, perché sanno che la mia casa è davvero accogliente. Amici che non hanno bisogno di parlare o di essere nulla di diverso da ciò che sono, che condividono in libertà inquietudini ed entusiasmi. I colleghi delle scuole e della cooperativa che mi stimano e i bambini che mi mandano affanculo e poi mi abbracciano. Le colleghe in ufficio che mi portano il cioccolato per pasqua e mi riconoscono dalla mia tranquillità e dal mio sorriso. Mio fratello sballato fumato bevuto che con la sua donna tatuata schizzata fumata mi fa diventare zia, e stiamo bene assieme. Le amiche oratorio, caste e regolari. E le amiche puttane, esuberanti e sensuali. Il mio lavoro. La mia casa.
Io sono tutte queste cose, e tante altre ancora in essere, e tante altre ancora in divenire. E anche tutte le cose che non sarò mai.
E talvolta vaneggio, come ora, anche senza l'effetto psicotropo di una canna.
E nonostante l'entusiasmo per la vita, rimane l'inquietudine.
Un po' per la fatica fatta, un po' per l'esistenziale solitudine di ognuno, un po' perché rimango dell'idea di non essere compatibile con i modelli di felicità pubblicizzati. Con la visione del mondo imperante. Con l'esigenza materiale di guadagno resa cardine sul quale fare girare il resto, se c'è. Dal budget familiare agli equilibri internazionali. Talvolta mi auguro uno scossone planetario. Oltre il tramonto dell'occidente.
Credo che non si possa eliminare né ignorare l'anelito all'oltre che spinge in ognuno di noi. La dimensione trascendente. Ma poi che farsene?
In questo caos tipo brodo primordiale mi ritrovo ragazzina a scoprire la sessualità e di nuovo i sentimenti. E la voglia di confrontarmici.
Non sono una ragazzina, anche se ne vivo alcune emozioni, e nemmeno una pazza (non più di tanto, almeno), e coi piedi per terra mi rendo conto che ciò che vivo e che ho vissuto anche con te non si può esportare come un file di office e applicare ad altri, a te per esempio.
Che faccio: gioco a pensare che magari ci si rivede una volta?
O conservo la luce della gemma e il sorriso, lasciando andare il gioiello alle onde?
Che poi, in fondo, in un caso e nell'altro, è sempre quell'aprirsi all'eventuale senza troppe aspettative, che significa vivere.