Rientrando in auto dal mio posto di lavoro numero uno mi sono soffermata, come faccio talvolta, a guardare le persone dentro le macchine ferme in colonna accanto alla mia. Guardi le persone contenute in queste scatolette di latta e ti chiedi chi sono, da dove vengono e dove stanno andando. E ti domandi che tipo di giornata le aspetta e se sono felici e a cosa stanno pensando. E cerchi di immaginartele a casa e cerchi di immaginare la loro casa e di farti una finestra sulla loro vita. Perché tutte quelle persone hanno un universo dentro e si portano in giro innumerevoli trasparenti fili e legami ed emozioni. E allora pensi anche ai tuoi colleghi, a quelli che conosci di meno, e vedi attraverso il loro sguardo scene non espresse di vita famigliare, di solitudini e di gioie. E’ uno dei modi in cui mi stacco da me stessa, stupita dall’immensità del mondo.
Un universo immenso che r/accoglie infinite storie, tutte grandi e forti, tutte così piccole. Storie infinite, emozioni che si incrociano in una spirale che si allarga sempre più fino a comprendere le stelle. E’ emozionante, eccitante, disorientante.
Siamo proprio fatti così, in piedi tra la terra e il cielo, a riunire in noi il concreto e l’infinito. Piccoli corpi con anime immense a sintetizzare realtà incommensurabili.
E percepire il respiro del cosmo, e perdersi nell’immensità, nulla toglie alla concretezza dell’individuo, alle sue gioie, che vengono anzi amplificate in una cornice d’infinito, come alle sue sofferenze e dolori, che pulsano più vivi che mai a testimoniare il valore imprescindibile del quotidiano.
lunedì 22 dicembre 2003
Senza nulla togliere
Pubblicato da narsil alle 15:01
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